Nell’ambito della consultazione degli uffici siamo stati invitati a esprimerci su due proposte consecutive di revisione della legge federale sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna (LMSI II). Per quel che concerne la prima versione dell’avamprogetto di revisione siamo giunti alla conclusione che le nuove misure previste non rispettavano i diritti fondamentali e comportavano segnatamente una lesione grave della sfera privata. Anche in merito alla successiva versione abbiamo dovuto esprimere delle riserve: nonostante le modifiche apportate, anche la seconda proposta non è conforme ai principi della protezione dei dati.
1° avamprogetto di revisione
Nel luglio 2005 siamo stati invitati a esprimerci in merito a un primo avamprogetto di revisione della legge federale sulle misure per la salvaguardia della sicurezza interna (LMSI), i cui elementi centrali erano l’estensione del campo di applicazione della legge alla criminalità organizzata e l’attribuzione di competenze più estese all’Ufficio federale di polizia. In particolare era previsto dotare il Servizio di analisi e prevenzione (SAP) di «mezzi di ricerca speciale di informazioni» (p. es. sorveglianza della corrispondenza postale e delle telecomunicazioni, perquisizioni segrete di abitazioni o veicoli, accesso a sistemi informatici). Contrariamente alle misure coercitive adottate dalle autorità penali nell’ambito di un procedimento penale, queste misure avrebbero potuto essere adottate anche in assenza di un sospetto concreto di atti punibili. Secondo la prima proposta di revisione, la competenza di ordinare le misure era in parte attribuita a una commissione di esperti indipendente, in parte invece direttamente al SAP.
Eravamo molto critici nei confronti di questo primo avamprogetto. Le nuove misure proposte avrebbero violato gravemente i diritti fondamentali delle persone interessati, soprattutto la protezione della sfera privata. Inoltre il progetto non prevedeva nessun tipo di protezione giuridica e tanto meno regolava l’informazione successiva degli interessati. Siamo pertanto giunti alla conclusione che questa prima proposta non era compatibile con i diritti fondamentali.
Abbiamo constatato inoltre che l’elaborazione del progetto non è stata preceduta da un esame dell’efficacia dei mezzi di cui le autorità in questione (SAP, ma anche le autorità di polizia e di perseguimento penale) già dispongono, né si è valutata la possibilità di dotarsi di altri strumenti meno invasivi rispetto alla sfera privata dei cittadini (in particolare una migliore cooperazione delle autorità impegnate nella lotta contro il terrorismo o l’adozione di nuove nome di diritto penale o di procedura penale): in altre parole, non è stata provata né la proporzionalità né la necessità delle misure proposte. Inoltre abbiamo criticato il fatto che nell’avamprogetto la gravità dell’ingerenza nella sfera privata non fosse vincolata a una condizione concernente il vantaggio presumibile in termini di sicurezza. Certamente la sicurezza interna ed esterna della Svizzera rappresentano un interesse pubblico, tuttavia non giustificano l’adozione incondizionata di misure che incidono così fortemente sulla sfera privata dei cittadini. Ogni singola misura deve essere valutata in termini di proporzionalità. L’obiettivo legittimo della lotta contro il terrorismo non deve condurre all’abolizione totale dei diritti fondamentali degli interessati.
Abbiamo rilevato inoltre che varie disposizioni del Codice penale (CP) permettono già oggi alle autorità di perseguimento penale di intervenire, in funzione preventiva, nella fase preparatoria di un reato, prima cioè della sua effettiva realizzazione. Secondo il diritto vigente le autorità competenti possono infatti ordinare le misure coercitive necessarie (intercettazione telefonica, perquisizioni, ecc.) appena vi è un indizio concreto di un reato. Concretamente sono punibili gli atti preparatori di determinati reati capitali (omicidio intenzionale, assassinio, lesioni gravi, ecc.; art. 260bis CP) come pure la semplice appartenenza a un’organizzazione criminale (art. 260ter CP); un’altra disposizione del Codice penale concerne la repressione del finanziamento del terrorismo (260quinquies CP). Inoltre nell’ambito di un procedimento penale già oggi è possibile in numerosi casi mantenere la segretezza delle indagini nei confronti degli interessati.
In seguito a questa prima consultazione degli uffici, nell’autunno 2005 il capo del Dipartimento federale di giustizia e polizia ha rinviato il progetto ai suoi autori con l’incarico di elaborare una nuova versione.
2° avamprogetto di revisione
All’inizio del 2006 siamo stati invitati ad esprimerci in merito alla seconda proposta di revisione. Questo testo differisce in molti punti rispetto alla prima versione. Segnatamente si è rinunciato a includere la criminalità organizzata nel campo di applicazione della LMSI e la ricerca specifica di informazioni è limitata ad alcuni ambiti determinati. Inoltre i diritti fondamentali dei cittadini sono presi maggiormente in considerazione grazie all’introduzione di un obbligo di informazione a posteriori degli interessati (con eccezioni) e di una possibilità di ricorso.
Secondo la procedura di autorizzazione prevista nel secondo avamprogetto di revisione, tutte le misure di ricerca specifica di informazioni devono essere ordinate dal capo del Dipartimento; si crea così una precisa responsabilità politica. Tutte le misure – al contrario della prima versione la seconda proposta non distingue più tra le singole misure – devono inoltre essere sottoposte in anticipo a una «commissione di controllo indipendente», composta da tre membri nominati dal Consiglio federale. Il preavviso positivo da parte di quest’autorità di controllo è una condizione necessaria per l’adozione delle misure speciali da parte del SAP. In casi urgenti si prevede che il SAP possa agire in un primo tempo anche senza l’autorizzazione della commissione di controllo e del capo del Dipartimento; l’autorizzazione deve però essere chiesta retroattivamente.
Nonostante le modifiche apportate al disegno abbiamo dovuto confermare la nostra valutazione negativa della necessità di una revisione della LMSI, in particolare per quel che concerne la necessità e la proporzionalità delle nuove misure proposte. Inoltre abbiamo forti dubbi quanto all’applicazione corretta dell’obbligo di comunicazione e all’efficacia del diritto di ricorso e dei controlli di competenza della commissione di controllo indipendente.
Riteniamo tuttora che la necessità di queste misure non sia stata sufficientemente provata; in particolare non sono state illustrate le presunte carenze dei mezzi attualmente disponibili in virtù del diritto penale per gli scopi della lotta contro il terrorismo e della prevenzione delle minacce contro la sicurezza interna.
Concretamente, il disegno di revisione «LMSI II» attribuisce al SAP la competenza di adottare misure coercitive analoghe a quelle possibili nell’ambito di un procedimento penale, senza tuttavia sottoporle alle medesime condizioni. Il SAP potrebbe infatti intervenire con misure coercitive in uno stadio molto più precoce rispetto a quanto ammesso nell’ambito di un procedimento penale, sulla base di una semplice «supposizione» di un reato, senza la necessità di un sospetto concreto. Abbiamo ribadito per contro che la ricerca specifica di informazioni mediante misure coercitive deve essere possibile soltanto sulla base di un sospetto concreto di un reato o di un atto preparatorio. Ammettendo misure coercitive in assenza di sospetti concreti si mettono in forse i fondamenti stessi dello Stato di diritto.
Nel caso in cui la revisione venisse accettato nonostante le nostre critiche, chiediamo che la legge sia limitata nel tempo e che dopo un determinato periodo di applicazione venga svolta una valutazione dell’efficacia delle nuove misure.
Accanto a queste osservazioni di fondo, che vertono sulla necessità delle nuove misure, ci siamo espressi in particolare sui punti indicati qui di seguito.
Autorità di controllo indipendente: riteniamo che l’autorità di controllo indipendente debba essere un’autorità giudiziaria. In ogni caso deve essere eletta dal Parlamento ed essere composta da magistrati. A prescindere dalla composizione dell’autorità di controllo ribadiamo che essa non può decidere sulla base di vaghe supposizioni.
Protezione assoluta delle fonti: è previsto estendere la protezione delle fonti a tutte le informazioni, includendo quelle provenienti da fonti interne al Paese; oggi soltanto le informazioni provenienti dall’estero godono di una protezione assoluta. Ci opponiamo a questa modifica perché riteniamo che gli informatori che agiscono in malafede (cioè che diffondono scientemente informazioni false) e quelli che si rendono colpevoli di un reato o di un’infrazione grave non abbiano un diritto assoluto a essere protetti ma debbano assumersi le responsabilità penali e civili delle loro azioni. Inoltre il diritto vigente prevede già la possibilità di rifiutare la trasmissione di dati personali se vi si oppone un interesse pubblico o privato preponderante.
Procedura d’urgenza: se, nell’ambito di una procedura d’urgenza, la commissione di controllo rifiuta successivamente di dare la sua approvazione, occorre decidere cosa fare dei dati raccolti nel frattempo. Se i dati sono già stati trasmessi a terzi non è possibile garantirne l’annientamento, soprattutto se il destinatario è un servizio estero. Per questo motivo abbiamo chiesto che in siffatti casi l’autorità di controllo indipendente decida immediatamente mediante procedura semplificata anche in merito alla questione della comunicazione dei dati a terzi.
Obbligo di comunicazione – informazione a posteriori: conformemente alla giurisprudenza del Tribunale federale e della Corte europea dei diritti dell’uomo, una persona che è oggetto di un’osservazione segreta deve in linea di massima esserne informata successivamente. Questa condizione deriva implicitamente dalla garanzia della sfera privata e del segreto della corrispondenza ed è una condizione affinché l’interessato possa far valere il suo diritto a un ricorso efficace.
Ora, il disegno di revisione limita fortemente la portata della comunicazione, al punto che a nostro parere gli interessati non saranno in grado di far valere i loro diritti, segnatamente quello di ricorso, solo sulla base delle informazioni cui avranno accesso. Riteniamo che qualsiasi limitazione della comunicazione (ad es. per motivi inerenti all’interesse pubblico preponderante) debba essere esaminata di caso in caso. Senza contare che se una persona presenta una domanda volta a fare valere il diritto di informazione indiretto in virtù dell’articolo 18 capoverso 6 LMSI, l’informazione le giunge troppo tardi perché possa far valere i suoi diritti.
Diritti di informazione indiretto: cogliamo infine l’occasione della prevista revisione della LMSI per sottolineare la nostra critica in merito a questo punto. In virtù dell’articolo 18 LMSI, ognuno può chiedere all’incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza di verificare se nella banca dati ISIS vengono trattati dati sul proprio conto e se tale trattamento è conforme alle norme di legge; gli interessati non hanno però diritto a ottenere informazioni sui dati eventualmente registrati. Occorre rivalutare questa prassi sulla base dell’esperienza acquisita dall’entrata in vigore della LMSI.
[Luglio 2006]